Fan Fic amatoriali

domenica 27 febbraio 2011

Le favole di Victoria Facés 1° Parte

Buon Giorno
Vi presento una delle molte storielle che questa donna dal tono prettamente gotico ha pubblicato nelle sue Favole, abbellite da immagini tratte dal Book che lei stessa ha pubblicato.
Bacioni


Vergini del Lago

Un’infinità d’orfane innocenti riposa lungo il suo argine, avvinghiate nell’abbraccio contorto delle vegetazioni lacustri… vergini immacolate, che conobbero la lesbica passione d’umide carezze. Sognano l'oblio della loro castità e la conoscenza del piacere carnale in un castello dalle torri do cristallo, incoronate nella loro follia, come fanciulle in paradisi sognati, restano lì, aspettano la brina...
Quella notte scoprì il primo bagliore del plenilunio nel ricordo di quel cereo volto. Una visione candida come neve… Ezequiel risvegliò nella sua mente il ricordo di Lavernne, la giovane dai capelli dorati che secoli prima aveva intravisto discendere nel mezzo del bosco verso le oscure paludi.
Ricordava il suo livido splendore mentre s’introduceva tra le stelle all’alba…
Narra la leggenda che le antiche Crociate resero orfane molte giovani attanagliate dalla miseria. Sgomenta, nell’immaginare la morte nel corpo di suo padre, Lavernne incedeva con tremuli spasmi perdendosi in labirinti d’interminabili sentieri.
Dopo un soffocato sospiro, l’antico vampiro disegnò nella sua mente la purezza di quella fisionomia morente, colma di lacrime ai bordi di uno stagno.
Lui placò  i suoi gemiti e in un algido abbraccio baciò le sue pallide vene svuotate dalla tristezza lasciando che il suo corpo disteso fluttuasse nella quiete delle acque.
L’immagina ora, sulla superficie serpeggiante di un lago. L’immagina ora germogliare nell’oscurità delle tenebre…


Tempo fa rinvennero il suo corpo, gonfio, sulle rive di un fiume e nessuno seppe mai cosa fosse accaduto a quel cereo e inanimato simulacro umano. Dicono che i suoi capelli dorati fossero bianchi e che le sue livide labbra fossero abbozzate da un tenue sorriso.
Lavernne… restano ancora i ricordi del suo nome sulle labbra dell’immortale. Nella solitudine della sua alcova si avverte appena la musica di un vecchio clavicordo, che rammenta la danza dei suoi candidi capelli. Mai più tornò a visitare il suo spettro stagnante nelle acque, ma quelle streghe ingobbite dicono che, ancor oggi, si sentono i suoi canti di silfide, lontani, persi nelle profondità delle selve.

Un’ipnosi improvvisa, migliaia di fanciulle infatuate continuano ad abbandonare i loro villaggi per ascoltare il finale delle sue melodie.  Tutte, orfane d’affetto, visitano i giacigli dei loro genitori dopo la morte e s’immergono nelle profondità dello stagno, dimostrando così l’amore per la loro albina regina. Giacché alla corte delle vergini sommerse è lei l’imperatrice  di quel luogo nebuloso, l’Ofelia asfissiata dalla melma, colei che anni addietro si cimentò ad attraversar i rivi, delirando sotto le piogge sottili.




... per risvegliare, inquiete, il loro sospiro tra alghe e spume.
Loro, innamorate del muschio, corteggiate da sventurati cadaveri vestiti d'ossidate armature, accorrono agghindate a migliaia di banchetti e balli in maschera...


La dea albina interroga le rane dal vacuo sguardo sul nome del loro esanime amante: quel principe empio che distese le sue vesti nelle adamantine acque e baciò il suo gelido collo. I fantasmagorici anfibi restano però muti a quelle preghiere, conservando così il fremito del segreto.


Cercando di proteggersi allora dalla mancanza d'amore, corona i suoi capelli con fiori silvestri e sogna d'esser regina e principessa nel suo palazzo d'acqua e fango... e attende in eterno di riabbriacciare un padre caduto in antiche battaglie, desiderando conficcare i suoi incisivi in baci sanguinanti, per immergersi con lui nel regno delle acque invernali.
Ma oltre un pantano invaso da nebbie, la principessa defunta continuerà ad apparire, come ninfa spettrale, al calar della sera quando diluvierà sugli alberi spogli o l'autunno tingerà d'ocra gli abissi d'un arcano ruscello.
In qualche anfratto del melmoso palazzo, Lavernne vagherà singhiozzando per la sua solitudine nelle tenebre ed espiando, allo stesso tempo, le sue pene in quel luogo di fango e cristallo, dove un dì passeggiò in compagnia della sua follia.


Là dove un principe gettò il suo corpo nell'abbraccio d'acqua nebbiose...

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