Nonostante debba migliorare molto il mio modo di scrivere, vi tedio con un nuovo pezzetto di questa storiella buttata a caso sul blog... sperando vi sia gradita , baci!!!! e un commentino ç_ç perfavoreeeeeeeeee
Lenzuolo nero sangue
Il respiro mi tuona nei polmoni, lottando disperato per uscire dalle labbra rinsecchite.
È un attimo, un momento nefasto che blocca il simbolo stesso del tempo che scorre, quando m’accorgo pietrificata di essere seguita.
La telecamera mi segue… poco convinta di quello che ho visto faccio due passi a destra e poi due a sinistra… e, diavolo, continua a seguirmi.
Le lacrime iniziano a salire accompagnate mano nella mano dal panico che m’afferra animo fermo, strizzandolo con violenza.
La claustrofobica idea di essere sola s’infila nella mente come schegge di vetro, dandomi la prova definitiva che sono viva.
Non devo cadere nel panico… se lo faccio, non ragionerò più…
Con il senno pieno di paura m’accosto al muro, schiacciandomi nell’angolo cieco della telecamera e respiro.
L’aria malsana e puzzolente della stanza m’entra dentro, annebbiando quel poco di lucidità mentale che m’è rimasta attaccata alla pelle.
Faccio una paio di respiri profondi e trattenendo la ragione con le unghie e con i denti, mentre tengo d’occhio la telecamera.
Con le dita che tremano cerco goffamente di coprirmi le nudità, più per pudore che altro, e lego due lembi sulla spalla sinistra in una pallida e scialba imitazione mal riuscita di tunica in stile greco.
Silenzio… il rumore frusciante della tela è l’unica cosa viva qui dentro.
Un tremito mi percuote violentemente arrivando fino alle profondità della carne, ma poi scompare, lasciando solo il vago sentore della paura dietro la schiena.
Stando attenta a non farmi vedere, muovo un passo verso il lettino più vicino e afferro il lenzuolo scoprendone piano il corpo sotto.
La morte che credevo terribile e infallibile, sembra aver coperto di bellezza il corpo della bimba che scopro.
Tulle e organza la vestono in tinta rosa, come una bambola d’altri tempi orribilmente pietrificata nel giogo dell’età che l’ha resa cadavere.
È bellissima e inquietante al tempo stesso, nella perfetta immobilità.
Faccio per sfiorarle una mano, posseduta dalla curiosità di sentire sotto le dita la trama della sua pelle che sembra fatta di velluto e seta.
Tentennante allungo e poi ritraggo il braccio… poi lo allungo di nuovo… e la tocco.
È ghiaccio allo stato puro… la trama delicata della pelle contro le mie dita manda una scarica di paura così ancestrale da provocarmi un conato di vomito al terrore che m’afferra.
Dio… era una bambina, una bambina… e ora…
«Che t’hanno fatto…» mormoro strofinando le dita contro il lenzuolo e pulisco… pulisco…pulisco sentendomi sporca e omicida nell’anima.
Con le lacrime che cercano di uscir dagli occhi secchi, abbasso lo sguardo vergognandomi penosamente della paura che questa morte imbalsamata mi fa.
Sono ancora una bambina tremante, nonostante ostenti il mio corpo di donna…
Ingoio a vuoto un paio di volte, cercando di riprendere l’agognata calma, ma è difficile, miseria è difficilissimo in questo bunker bianco e claustrofobico che allunga le dita artigliate verso la mente già di per se poco lucida.
«Che follia che sto vivendo…» penso angosciata.
Piccole idee, istantanei flash dell’istinto che grida per sopravvivere, sono l’unica cosa che concepisco realmente, tutto il resto è il vuoto che continua a lottare per soggiogarmi.
Arrotolo il telo attorno alla mano destra, respiro profondamente, poi mi lancio.
Trottando tra lettini che accolgono abbietti cadaveri vestiti a festa, cerco lo slancio per aprire una via di fuga verso una sottomarca della libertà che la stanza attigua mi da.
Nemmeno mi sono chiesta se la porta fosse di vetro o plasticone.
Se è in vetro forse ho una speranza… altrimenti, dovrò attendere che qualcuno mi venga a prendere… e la sola idea di restare insieme a tanta miseria mi fa desiderare la morte.
Sono vicina…
Dalle profondità della gola un ringhio gutturale risuona, dando un po' di vita a questo vuoto oblio abitato dai morti.
Socchiudo gli occhi e… La mano s’abbatte contro la trasparenza della porta davanti a me.
Quello che per fortuna pare vetro, s’incrina e s’infrange scoppiando con un fragoroso ruggito.
La speranza s’accende come il fioco baglio di una candela e mentre le schegge mi si lanciano contro aprendo piccoli tagli alla luce dei neon, io attraverso guadagnando la mia speranza di libertà.
La mano pulsa dal dolore.
La guardo, srotolando il suo guanto grezzo e…gocce di sangue nero escono dalle nocche escoriate.
Ps: Ragazzi fatemi gli auguri che domattina ho un'esame ç_ç Fifaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
Baci bye bye
così gradita da non veder l'ora che la continuassi...
RispondiEliminatanto bella da provare un brivido...che sale lungo la schiena.
magnifica...
e anche se non servono Auguri per domani......
^_^ ^_^ ^_^ .... Baci.....! ! !